La cannabis è una pianta nota da secoli per le sue proprietà curative e psicoattive. Tuttavia, è solo nel XIX secolo che vennero condotte sperimentazioni e approfonditi studi sulla sua composizione chimica e sulle sue possibili applicazioni terapeutiche e ricreative. In questo articolo vedremo come il XIX secolo rappresentò una tappa cruciale nella scoperta delle proprietà terapeutiche della cannabis e nell’evoluzione della psicofarmacologia moderna.
Il ruolo di William Brooke O’Shaughnessey
In epoche più recenti, il giovane professore irlandese William Brooke O’Shaughnessey, fu uno dei primi a rendere note le virtù terapeutiche della cannabis in occidente. Nel 1839 egli descrisse gli usi e i benefici della cannabis appresi in India, corrobati da una serie di esperimenti su animali e persone affette da patologie quali rabbia, reumatismi, epilessia, tetano, tutti coronati da un certo successo. Egli proclamò la cannabis nientemeno che “il perfetto rimedio anticonvulsivo”, grazie alle sue qualità analgesiche e rilassanti.
La diffusione della cannabis in occidente
A partire dal 1842, la cannabis venne anche raccomandata a diversi medici e farmacisti inglesi, e ben presto anche negli USA venne prescritta in numerose malattie. Anche la letteratura scientifica non si risparmiava circa precisi rapporti sui benefici riscontrati dopo la somministrazione della cannabis. Nel 1860, il dottor Robert McMeens presentò una relazione di fronte all'”Ohio State Medical Society” in cui affermò l’efficacia della cannabis per le patologie più disparate come tetano, dismenorrea, convulsioni, epilessia, gonorrea, reumatismi, nevrosi, asma, parti dolorosi e bronchiti.
Gli studi sulla composizione chimica della cannabis
Nell’Europa dell’Ottocento stavano cominciando, intanto, a prendere piede diversi studi approfonditi sulla composizione chimica della cannabis e sulle sue possibili applicazioni. Dal 1847 al 1860 vennero compiute una serie di indagini sul campo che vennero poi raccolte nell’antologia: L’erba di Carlo Erba. Il farmacista fu infatti il primo a vendere presso la farmacia di Brera di Milano (1849) estratti di canapa indiana consigliati come rimedi farmacologici.
La diffusione della cannabis in Italia
In Italia, l’uso medico dell’hashish venne citato per la prima volta dal medico Nicola Porta, del manicomio di Aversa (Annali, vol. CLXVII, 1858). Mentre tra il 1894 e il 1897 venne diffuso un primo studio sull’anatomia della canapa presso gli Atti dell’Istituto botanico di Pavia (serie II, voll. III e IV). Sarà poi il Professor Raffele Valieri, primario dell’Ospedale degli Incurabili a Napoli, ad usarla e a raccomandarla come rimedio contro l’emicrania, la nevralgia, il mal di testa e l’insonnia.
Conclusioni
In sintesi, il XIX secolo rappresentò una tappa fondamentale nella scoperta delle proprietà terapeutiche della cannabis e nella sua diffusione in occidente. Grazie agli studi condotti sulla sua composizione chimica e alle sperimentazioni cliniche, si comprese l’efficacia della cannabis in numerose patologie, dalle convulsioni all’emicrania. Oggi, a distanza di oltre un secolo, la cannabis continua ad essere studiata e sperimentata, con il supporto di nuove tecnologie e approcci scientifici sempre più avanzati.